Apriamo oggi Retrobottega, la nostra rubrica bi-settimanale dedicata ai veri protagonisti di OPUS: gli espositori.
In 3 edizioni ne sono passati tantissimi, tutti davvero molto bravi.
Abbiamo deciso di intervistarli.
Iniziamo con Luca Brambilla di BRM!
Ciao, presentati e presenta il tuo progetto.
Sono Luca Brambilla, 26 anni e vivo a Cassano d’Adda, una cittadina a metà tra Milano e Bergamo. Da ormai 3 anni mi occupo a tempo pieno del mio progetto individuale BRM t-shirts, che consiste nel produrre principalmente t-shirts con grafiche piratesche. Io mi occupo di tutto: illustro le grafiche e serigrafo a mano su ogni capo. Ho iniziato questo progetto ormai 6 anni fa, è cresciuto e sta crescendo insieme a me, passando per varie strade, con la costante delle t-shirts a fare da padrone.
Da dov’è arrivata l’ispirazione che ti ha permesso di partire con il tuo lavoro handmade?
Senza dubbio dal mondo dello skateboard, che venero e pratico tutt’ora. Questo ambiente, specialmente in Italia, dove per forza di cose devi un po’ arrangiarti, pullula di realtà legate al Do It Yourself: da quando sono adolescente consumo le mie scarpe sulla tavoletta di legno, posso dire che è stato tutto – passatemi il termine – naturale. Anche il percorso di studi che ho intrapreso mi ha senza dubbio indirizzato verso l’handmade: finite le superiori, mi sono diplomato (o laureato se preferite, il grado è lo stesso, ma in Accademia non si chiama laurea) al corso triennale di Grafica d’Arte all’Accademia di Belle Arti di Brera. Sicuramente Brera non è attrezzata come le altre scuole d’arte (penso a IED e NABA, sempre a Milano) ma, anche per questo, devi imparare ad arrangiarti. In più, alcuni professori sembrano essere ancora improntati sulla concezione artistica di una volta: all’inzio può spaesarti, ma senza dubbio ti aiuta a tirare fuori qualcosa di tuo.
Secondo te quale sarà il futuro dell’handmade in Italia?
Devo essere sincero: in generale, non nutro grande fiducia nel Belpaese, nonostante a volte si nota qualche piccolo bagliore (come ad esempio OPUS, Filler e tante altre realtà simili). Aldilà delle solite sventure da partitaivato, che preferisco risparmiarvi, trovo che NESSUNO è incentivato a “fare impresa”, tantomeno “micro-impresa” come le realtà handmade, i negozi che potrebbero dare una mano a questi prodotti sono spesso e volentieri guardinghi, ancorati alle supermarche. Tuttavia, penso che parecchie persone, seppur in ritardo, stiano iniziando a capire il valore di qualcosa fatto con cura, piuttosto che qualcosaltro che, anche per una logicissima legge dei numeri, viene prodotto in larga scala e non sempre per durare nel tempo.
Può la tua passione diventare una professione, sostenibile e remunerativa a livello economico? Hai dei suggerimenti basati sulla tua esperienza e dei progetti futuri in tal senso?
È quello che cerco di fare ogni giorno, grazie anche al sostegno della mia famiglia: non mi nascondo, è davvero durissima. Nonostante ce la metta davvero tutta da 3 anni, ho ancora concluso granchè, quindi non mi sento nella posizione di poter dare grandi consigli. Di sicuro, con una sana dose di cocciutaggine, dedizione e voglia di migliorarsi sempre, da qualche parte ci si arriva. Proprio perché non ho ancora sotto mano delle cifre dignitose, non ho progetti che guardano troppo al futuro, cerco principalmente di girare per diverse iniziative e negozi, soprattutto skateshop. Il consiglio che mi sento di dare è ai negozi: perché è così dannatamente difficile convincervi a provare qualche prodotto? I vostri colleghi che lo fanno, poi non se ne pentono!
Parlando di OPUS: c’è qualche espositore che ti ha particolarmente colpito e con cui potresti eventualmente collaborare?
Senza dubbio, anche se già li conoscevo, Alberto Brunello, Violet not the colour e NAKI: illustratori completamente diversi fra loro, ma tutti davvero bravi. Tra i “nuovi” di quest’edizione sicuramente ABEL e Chiara Bettega. Le collaborazioni sono sempre toste, ma perché no?